Parliamo di Social Network

paroleostili

Psicologia e Tecnologia

Sono stato invitato in qualità di "professionista" ben informato sui fatti, per discutere di social network. Psicologia e mondi virtuali sono per me sia passione che lavoro, per questo non mi sono tirato indietro. L'emozione provocata dal "mezzo televisivo" non mi ha messo proprio a mio agio, e spero di aver comunque risposto con competenza alle domande che mi sono state poste. Proverò qui a riassumere e magari anche approfondire alcuni dei temi affrontati.

Le mie ultime due tesi hanno riguardato mondi e strumenti digitali: nella prima (la psicologia nei media Digitali) ho analizzato come noi stessi Psicologi abitiamo gli spazi virtuali in relazione alla nostra utenza, agli scopi e con un occhio di riguardo ai linguaggi. È stato il primo passo nel virtuale per me, utile ad acquisire una consapevolezza e una più approfondita conoscenza delle potenzialità di questi mezzi. Nella seconda tesi (L’opportunità dei Big Data per la psicologia) ho rispolverato lo strumento d’analisi testuale utilizzato in precedenza per approfondire alcune questioni riguardo l’applicazione delle competenze psicologiche in ambiti innovativi.

Partendo da queste esperienze formative, io per primo mi sperimento in prima persona attraverso questo blog, una pagina facebook professionale, e ogni altra piattaforma social in maniera privata. Distinguere tra profili professionali e privati è una distinzione che spesso è complicato anche solo raccontare! Virtuale è reale, dunque su Internet coesistono la mia sfera privata e professionale, per questo entrambe devono trovare il modo di coesistere, ed orientarsi in base all’Audience alla quale mi indirizzo. Cerco di tenere separato il contesto privato da quello professionale, ma anche sul web le zone grigie di sovrapposizione sono inevitabili, per questo, come nella vita, non posso far finta che ciò che trasmetto on-line non possa esser riconducibile a ciò che sono sul lavoro. Per questo ci sto un po’ più attento, e semplicemente evito di esporre contenuti che potrebbero ledere la mia reputazione. Cerco di usare buon senso.

Molto spesso i “social” vengono vissuti come entità ostili, deleterie, distrazioni, veicoli di problemi, dipendenza, devianza. Il web e le piattaforme che lo strutturano non sono di per sé tecnologie né buone né cattive, ma neanche neutrali (Kranzberg 1986). Imparare a conoscerle, abitarle con consapevolezza, ci permette di evitare spiacevoli esperienze. Come nella vita di tutti i giorni, possiamo andar in giro carichi di raccomandazioni, ma prima o poi qualche malintenzionato potrà capitare d’incontrarlo: basterà esser pronti a reagire coerentemente, chiedere aiuto eventualmente, e comunque evitare di esser noi per primi (magari inconsapevolmente) ostili.

Nella trasmissione “Il salotto di Maria” in onda su Esperia Tv, tra le cose che non son molto riuscito ad approfondire c’è un discorso riguardo l’uso consapevole dei social e le eventuali controindicazioni. L’esperienza digitale è per la mente umana incredibilmente gratificante: tutto il meccanismo delle notifiche genera una sottile ansia connessa all’ignoto che giocoforza si trasforma anche in eccitazione. Non sappiamo se sarà una notizia brutta o una bella, sappiamo di voler leggere quella notifica. Ci avete mai fatto caso?

Per questo poi siamo tentati ad estremizzare la nostra presenza online, o con contenuti sempre più polemici, o con contenuti che tendono a generare like e apprezzamenti. Questi meccanismi rischiano di farci perdere di vista le potenzialità dei mezzi utilizzati, e soprattutto ci allontanano dalla nostra dimensione più autentica, estremizzando alcuni nostri aspetti (tendiamo ad una perfezione irreale, alla violenza gratuita, e così via).

Una delle più grandi rivoluzioni poi, è giunta nelle nostre tasche grazie agli smartphone. Le piazze si sono spopolate, a favore dei social. I campetti a volte restano deserti, mentre si riempiono arene virtuali di gente connessa dalla propria cameretta con cuffie e webcam. Nulla di patologico avviene fin quando questo modo di viversi le relazioni non è quello esclusivo, e restano sufficienti spazi per allenarci al fluire delle emozioni in presenza. Se le nostre interazioni sociali passano in gran parte attraverso servizi di messaggistica e le piattaforme social, il rischio è disabituarsi al normale carico emotivo che le relazioni comportano! Facciamo grandi discorsi on-line ma dal vivo l’imbarazzo vince sempre, ci pesa affermare la propria opinione, o argomentare con il prossimo? Potrebbe esserci un problema! Non ci pesa affatto indignarci ed insultare genericamente sotto una notizia letta all’interno della nostra timeline? Stiamo sperimentando quel pericoloso fenomeno della spersonalizzazione ed alienazione emotiva che ci porta a soffrire nella vita vera, impedendoci di allargare e rinforzare la nostra rete sociale, e a sfogarci nella vita virtuale, estremizzando i termini e diventando forse un po’ superficiali approssimativi.

I social sono una tecnologia complessa, né buona né cattiva, ma neanche neutrale perché bisogna avere consapevolezza di alcuni meccanismi. E oggi li diamo molto per scontati.

Mi fermo qui, all’interno della trasmissione ho citato il progetto Parole Ostili da qui è tratto il manifesto che offre molti punti di riflessioni e si propone alle scuole con un bel progetto per il 15 maggio. Invito chi ne ha la possibilità a partecipare! Io continuerò a parlare un po’ di Social, approfondendo di volta in volta altre tematiche, se avete delle domande, scrivetemi pure… sarò contento di rispondere!

manifesto parole ostili

Kranzberg, Melvin (1986) Technology and History: "Kranzberg's Laws", Technology and Culture, Vol. 27, No. 3, pp. 544–560